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NEWS DA IKONDANonostante la pandemia l'allestimento del laboratorio del Consolata Hospital, finanziato dall'8x1000 della Chiesa Cattolica, sta procedendo! - Sono state completate le opere murarie e gli arredi. - È arrivato a destinazione il container con le attrezzature che abbiamo acquistato. Appena possibile organizzeremo la missione per l’installazione dei macchinari e l’avvio della formazione dei tecnici locali. Ecco le foto che ci ha inviato Padre Marco: TUMORE AL SENO: PROGETTO AFGHANISTANSi è appena concluso ottobre, il mese dedicato alla prevenzione del carcinoma mammario che rappresenta la neoplasia più frequente nel sesso femminile con 1000 nuovi casi al giorno in Europa e circa 52.300 donne che annualmente in Italia si ammalano di questa malattia, ma che, grazie ad una diagnosi precoce, guariscono in circa il 90% dei casi. Noi di APOF abbiamo affrontato questo problema con l’evidenza che, principalmente in Paesi a basse risorse, le forme avanzate di carcinoma mammario erano difficilmente gestibili. Nel 2016 abbiamo cominciato ad organizzare un modello di diagnosi precoce del carcinoma della mammella, basato principalmente sulla telepatologia. La prima sede è stata l’ospedale di Mungbere (RDC), presso il quale era già attivo un servizio di diagnostica istopatologica e che, pur essendo un ospedale missionario rurale, ha un bacino di utenza molto ampio. In una missione, alla quale parteciparono 2 patologi ed un radiologo senologo, abbiamo iniziato il training per il personale locale: i radiologi sono stati formati sulla diagnosi ecografica di lesioni mammarie (localmente non esiste un mammografo, ma le neoplasie mammarie sono più frequenti nelle giovani donne ed una diagnosi ecografica può avere un senso) e il medico è stato formato sulla diagnostica citoistologica, sull’esecuzione di agoaspirati mammari, sulla lettura dei preparati citologici e sull’invio ai patologi APOF, tramite connessione internet, di campi microscopici selezionati per una seconda lettura. Sono stati diagnosticati oltre 200 casi di carcinomi mammari. Il professor Umberto Veronesi nel 2013 cominciò ad interessarsi al carcinoma mammario in Afghanistan, con un duplice scopo: indagare una neoplasia che, dati riportati da Globocan, rappresenta oltre il 15% delle cause di morte in quei territori, e dare maggiori opportunità di prevenzione e cura, alla popolazione femminile, diritto spesso negato in quelle aree geografiche. La Fondazione Umberto Veronesi coinvolse Patologi Oltre Frontiera nella preparazione di una dottoressa e di una tecnica di laboratorio, insieme ad una ginecologa ed una radiologa nella gestione della diagnostica senologica. Era il 2018. Le dottoresse e la tecnica coinvolte hanno trascorso 4 mesi in Italia e sono state istruite alla diagnostica per immagini (eco e mammografica), all’esecuzione di agoaspirati, all’individuazione di campi microscopici significativi da inviare i seconda lettura, tramite internet ad un gruppo di patologi APOF che le segue nella diagnosi. Al 25 ottobre, nonostante il pesante lockdown che la popolazione afgana ha sopportato, sono stati rivisti, in seconda lettura, 699 casi di agoaspirati mammari. La concordanza diagnostica supera il 90%, la soddisfazione è grande. Daniela Fenocchio NOTE DI ANTROPOLOGIAAnche questa volta affianchiamo al progetto una nota di antropologia inerente al tema trattato.
Lo scopo, come sempre, è quello di ampliare lo sguardo sul contesto in cui operiamo. In questo caso la proposta è un invito alla lettura di alcuni articoli inerenti alla questione femminile, esplorando un particolare aspetto della cultura afghana. Il fenomeno dei bacha posh, le bambine allevate da piccole, fino all'adolescenza e oltre, come maschi si può interpretare come una forma di resilienza femminile a una società particolarmente oppressiva e “machista”. In realtà i risvolti di questa pur tollerata pratica sono molteplici. L'invito è alla lettura dell'articolo cliccando qui, e ad approfondire l'argomento diffusamente trattato in articoli facilmente reperibili on line. Eccone alcuni: https://it.wikipedia.org/wiki/Bacha_posh https://www.huffingtonpost.it/2014/09/24/bacha-posh-donne-afghane-cresciute-come-ragazzi_n_5875416.html http://www.istitutoeuroarabo.it/DM/ragazze-invisibili-identita-di-genere-e-bacha-posh-in-afghanistan/ Un video interessante: https://vimeo.com/ondemand/bachaposh Vincenzo Stracca Pansa
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Il punto di… APOFDEDICATO A SILVIA ROMANO “Se non c'è strada dentro al cuore degli altri, prima o poi si traccerà” (Ivano Fossati – “Mio fratello che guardi il mondo”) Sei tornata, ma ti abbiamo dimenticata. Ci siamo dimenticati di chi fossi mentre eri lontana e passavi le tue giornate dal destino incerto e imprevedibile, giornate talmente lontane dall’esperienza di tutti noi che nemmeno potevamo pretendere di immaginare. Ci siamo dimenticati di ciò che non potevamo immaginare quando sei finalmente tornata in questo Paese stanco e impaurito, che aveva bisogno di un bersaglio tangibile per distrarsi dal quotidiano timore di un nemico impalpabile: tu, almeno, avevi un nome e un volto, e hai fatto cose che ci siamo sentiti in diritto di commentare. Anche se noi forse questo diritto non ce l’avevamo, perché il tuo ritorno non ha aiutato la nostra consapevolezza: fino al momento della tua comparsa sulla scaletta dell’aereo non esistevi, un attimo dopo eri improvvisamente diventata l’incarnazione di scelte considerate da alcuni sconsiderate e discutibili; e purtroppo questi stanchi tempi privilegiano chi urla le proprie certezze e mettono da parte chi invece le vuole confrontare e discutere. Anche noi sappiamo per esperienza che è sempre più difficile motivare comportamenti di un certo tipo; anche noi percepiamo ogni giorno la crescente necessità di confutare argomentazioni apparentemente inattaccabili proprio per la loro semplicità, la più popolare delle quali è: “c’è tanto dolore qui da noi, perché andare lontano e rischiare di mettersi nei guai, obbligando altri a intervenire per salvarci”? Ecco… in questa semplicistica affermazione si dà un’enorme importanza ai confini: linee sul terreno create dall’uomo che diventano un parametro su cui classificare il dolore (altra creazione dell’uomo, almeno per quanto riguarda quello di cui si occupano tante ONG e ONLUS). C’è un dolore più meritevole di essere lenito perché all’interno di certe linee arbitrarie e c’è un dolore che può continuare a prosperare perché si sviluppa dentro linee lontane e non sembra contribuire ad alimentare la nostra sensazione di disagio di fronte a vessazioni e ingiustizie. Ti abbiamo dimenticata perché abbiamo dimenticato che il dolore (come del resto i virus, tanto per restare nell’attualità) non riconosce nei confini qualcosa sulla base dei quale decidere di agire o meno. Riconosciamo il tuo diritto ad averlo voluto affrontare dove ti sei sentita più motivata a farlo; ci sarà tempo per discutere e capire se e come si sarebbe potuto evitare il tuo spaventoso epilogo. Ora che sei ritornata a casa, vogliamo riportarti alla nostra memoria come una persona che ha fatto del non avere nemici una ragione per vivere, così come ci piacerebbe fronteggiare insieme a te coloro che, al contrario, riescono a vivere solo circondandosi di nemici. Una toccata di gomito da tutti noi, come si usa in questa nuova epoca. Il Consiglio Direttivo di APOF NEWS sui progetti in TanzaniaNel 2017 abbiamo ricevuto una richiesta di aiuto da Padre Sandro del Consolata Hospital di Ikonda, in Tanzania. I Missionari della Consolata fondarono l’ospedale nel 1963 in una regione remota e povera come quella di Njombe, con un territorio prevalentemente montuoso situato su un altopiano ad oltre 2000 metri di altezza. Le patologie presenti sono molte: l’HIV-AIDS è un vero dramma che priva la regione di forze giovani e preparate, spoglia le famiglie di genitori, lascia miriadi di orfani e rompe il tessuto sociale. Non c’è la malaria ma ci sono molti casi di tubercolosi e cominciano purtroppo ad assumere rilevanza le malattie di interesse oncologico: il carcinoma della cervice uterina, legato al virus HPV colpisce moltissime donne. L’ospedale fornisce assistenza sanitaria e promuove l’accesso alle cure per le persone indigenti dedicandosi soprattutto ai bambini, alle donne ed ai pazienti affetti da malattie croniche. L’intero complesso occupa un’area di 60 ettari e comprende diverse strutture, tra le quali il reparto maternità, che garantisce alle madri e ai loro bambini un parto sicuro, cure neonatali di alta qualità e tutto ciò che occorre perché il momento della nascita sia davvero un lieto evento. A causa della grande distanza tra i villaggi e l’ospedale e delle pessime condizioni delle strade, i Missionari della Consolata hanno costruito una struttura per permettere alle madri in procinto di partorire di poter soggiornare vicino al reparto maternità. Il Consolata Hospital è uno dei pochissimi ospedali a possedere una TAC e una risonanza magnetica, ebbene sì, abbiamo assistito di persona all’arrivo del macchinario e al suo montaggio! Nonostante ogni giorno arrivino (con i caratteristici pulmini colorati) oltre 300 persone e l’ospedale disponga di oltre 300 posti letto, non è presente un laboratorio di Anatomia Patologica. Tutti i campioni istologici vengono spediti a Dar es Salaam che dista circa 900 km. Per questo motivo abbiamo redatto un progetto per la costruzione di un laboratorio di Anatomia Patologica in grado di poter produrre vetrini istologici ma anche citologici, in particolare dell’apparato genitale femminile. Il progetto, finanziato dalla CEI, si sviluppa in due anni e prevede l’allestimento del laboratorio, la formazione del personale sanitario locale e l’installazione della postazione di telepatologia. Ad oggi abbiamo acquistato ed inviato ad Ikonda le attrezzature necessarie all’allestimento del laboratorio, purtroppo, arrivato il momento della partenza per la missione dedicata all’installazione degli strumenti, siamo stati bloccati dalla pandemia che ci ha costretti a sospendere il progetto forzandoci a rimanere in Italia. Nonostante tutto noi non ci arrendiamo! Riprenderemo il progetto non appena sarà possibile, anche perché un altro ospedale in Tanzania ha chiesto la nostra collaborazione: l’ospedale Benjamin Mkapa di Dodoma per il quale abbiamo già un progetto pronto in attesa di finanziamento. La nostra vocazione all’aiuto delle popolazioni vittime della povertà non si ferma: a causa della pandemia abbiamo incrementato la nostra attività di telepatologia riducendo il più possibile gli spostamenti fisici. Appena potremo riprenderemo tutte le nostre attività con l’energia che ci contraddistingue! Caso clinico: patologie extra- ordinarie dal progetto MwanzaDi seguito vi riportiamo un caso che abbiamo analizzato durante il nostro progetto a Mwanza presso il Bugando Medical Centre: BILL - maschio 9 anni, genitori deceduti per AIDS - condizioni generali compromesse, malnutrito, in terapia per TB - ad un miglioramento delle sue condizioni generali segue un’improvvisa riduzione dei CD4 da 500 a 300 fino a 100 e un aumento della carica virale (500.000 copie) Nello stesso anno compaiono lesioni eritematose papulo-nodulari vascolarizzate sulla mucosa gengivale mascellare sinistra, congiuntiva sinistra e cavità nasale sinistra, oltre a due piccole papule sulla punta del naso. La diagnosi clinica suggerisce un sarcoma di Kaposi, la biopsia inviata all’ospedale pediatrico “Bambino Gesù” evidenzia una proliferazione vascolare con lume irregolare rivestito da cellule endoteliali “plump” e atipiche, nuclei prominenti ed ipercromatici con aspetto “hob-nail”. Gli anticorpi anti-HHV8 rivelano la positività di quasi tutti i nuclei delle cellule endoteliali confermando il sospetto diagnostico clinico S.Kaposi angioma like. Tanzania uno sguardo d’insiemeJamhuri ya Muungano wa Tanzania. La Tanzania è uno stato dell'Africa orientale diviso in 26 regioni per un totale di 945.090 km². Conta circa 58 milioni di abitanti, la capitale è Dodoma, le lingue parlate sono inglese e kiswahili (ufficiali). Religione: cristiani 44%, musulmani 37%, animisti/credenze tradizionali 19%. L'unità monetaria è lo scellino tanzaniano. La Tanzania è uno dei paesi meno sviluppati al mondo, occupa il 151° posto su 188, secondo l'indice di Sviluppo Umano che misura il benessere sociale ed economico dei paesi del mondo (Rapporto sullo Sviluppo Umano 2015, UNDP). Confini: Uganda e Kenya (N), Oceano Indiano (E), Mozambico, Malawi e Zambia (S), Repubblica Democratica del Congo (W), Burundi e Ruanda (NW). GENERALITÀ La Tanzania origina dai territori coloniali dell'Africa Orientale Britannica; nella sua attuale configurazione politica e territoriale la Tanzania è nata nel 1964 dall'unione del Tanganica, ex colonia britannica che aveva raggiunto l'indipendenza nel 1961, e dell'arcipelago di Zanzibar, comprendente l'isola omonima e quella di Pemba, ex protettorato inglese, indipendente dal 1963. Il nome della repubblica è stato foggiato per esprimere questa fusione con il richiamo all'ex Tanganica e all'Azania, l'insieme delle terre costiere e insulari, storica unità regionale già nota ai Greci. Su questa fascia bagnata dall'Oceano Indiano è sempre avvenuta la mediazione culturale tra mondo africano e mondo esterno, a cominciare dalle epoche più remote. È soprattutto agli arabi, navigatori e mercanti, che si devono gli apporti culturali più incisivi. In epoche recenti infine si è avuta la colonizzazione tedesca cui è seguita, sino all'indipendenza, quella britannica. Il primo presidente, Julius Nyerere, uno dei più sensibili e preparati leader africani usciti dalla grande lotta anti-coloniale, ha cercato di conciliare le esigenze di uno sviluppo economico in senso moderno con il rispetto della “africanità”. La Tanzania soffre attualmente di molti problemi: l'indice di sviluppo umano la colloca verso il fondo della graduatoria mondiale. Il Piano di sviluppo quinquennale del governo tanzaniano per gli anni fiscali 2016/17-2020/21 pone l'accento sul processo di industrializzazione del Paese e la creazione di nuovi posti di lavoro attraverso investimenti privati sia locali che stranieri. Il governo del Presidente Magufuli si ripromette di rimuovere le barriere che ostacolano lo sviluppo delle imprese, e di eliminare la corruzione. Inoltre, attraverso grandi progetti (ferrovie, energia, strade, porti) intende porre le infrastrutture di base necessarie per rendere la Tanzania un paese più moderno e attraente per gli investimenti. Per approfondire la conoscenza della Tanzania si consiglia: http://www.sapere.it/enciclopedia/Tanzània.html https://it.wikipedia.org/wiki/Tanzania https://www.pharmaccess.org/wp-content/uploads/2018/01/The-healthcare-system-in-Tanzania.pdf Un approfondimento: antropologia medica in Tanzania1- Note sulla medicina tradizionale dei Wahehe Gli hehe (al plurale wahehe) sono un gruppo etnico-linguistico correlato agli Ngoni e ai Bena. Sono presenti soprattutto nella Regione di Iringa, in Tanzania, che corrisponde alla Uhehe ("terra degli hehe") storica. Al 1994 la popolazione hehe era stimata intorno alle 750.000 persone. La lingua hehe appartiene al gruppo bantu. La cura dell’uchimvi: nota sulla medicina tradizionale dei Wahehe della Tanzania http://www.archivioantropologicomediterraneo.it/riviste/estratti_13/08.pdf 2- L'albinismo in Tanzania La persecuzione degli albini africani è un fenomeno che consiste nella discriminazione, mutilazione e uccisione delle persone affette da albinismo che vivono in Africa. L'albinismo è una malattia genetica che comporta la mancanza o una forte carenza di melanina su pelle, capelli, occhi e peli. Mentre negli Stati Uniti d'America una persona ogni 37.000 è affetta da albinismo e nel resto del mondo una ogni 20.000, il tasso di incidenza è molto più alto in Africa, in particolare in Tanzania, dove una persona ogni 1.429 è albina. Tradizionalmente l’albinismo è considerato una maledizione o un tabù in Africa. Molti credono che avere un parente albino sia una punizione degli dei nei confronti della famiglia. Credenze popolari sul presunto potere magico di parti del corpo degli albini hanno portato a traffici di organi, mutilazioni, uccisioni e stupri. Per approfondire questo particolare, e tragico, aspetto della società tanzaniana: - Persecuzione degli albini africani https://it.wikipedia.org/wiki/Persecuzione_degli_albini_africani - La silenziosa caccia agli albini: ecco il tragico destino dei "Bianchi" della Tanzania https://www.curioctopus.it/read/10884/la-silenziosa-caccia-agli-albini:-ecco-il-tragico-destino-dei-bianchi-della-tanzania - Ideology and the Killing of Albinos in Tanzania: A Study in Cultural Relativities http://www.krepublishers.com/02-Journals/T-Anth/Anth-12-0-000-10-Web/Anth-12-4-000-10-Abst-PDF/Anth-12-4-229-10-659-Tanner-R/Anth-12-4-229-10-659-Tanner-R-Tt.pdf - Albinism, stigma, subjectivity and global-local discourses in Tanzania https://www.tandfonline.com/doi/pdf/10.1080/13648470.2016.1184009?needAccess=true - Singing Albinism in Global Tanzania: “Demanding” Inclusion through Music https://www.medizinethnologie.net/singing-albinism-in-global-tanzania/ - Albino – In the shadow of the sun L’epidemia da Coronavirus ha spostato l’attenzione verso quella parte della sanità che è stata in grado, con immensi sacrifici, di contenere e gestire un evento inaspettato ed epocale; tutte le strutture sanitarie, in particolare quelle delle aree più colpite, sono state costrette a un’improvvisa riorganizzazione per permettere di accogliere i tanti nuovi malati, e gran parte del personale è stato ridistribuito per fronteggiare questa emergenza. In questo scenario, l’anatomia patologica si è ritrovata in piena retrovia, dato che le competenze che le sono proprie non risultavano particolarmente efficaci per fornire un contributo utile, a parte quei colleghi che si sono ritrovati a offrire informazioni sulla malattia attraverso l’esecuzione di riscontri diagnostici su soggetti deceduti per CoViD-19 (contributo peraltro tutt’altro che secondario). Chiedere oggi un vostro appoggio per sostenere APOF attraverso la donazione del 5x1000 sembra ancora più difficile e lontano dalle logiche e anche dalle emozioni del momento, ma vogliamo comunque provare a motivare la nostra richiesta, almeno nei confronti dei nostri colleghi che conoscono e capiscono difficoltà e utilità della nostra professione. APOF è stata costretta, come tutti, a interrompere vari progetti, parte dei quali in fase avanzata di esecuzione, che miravano a portare la nostra disciplina in strutture sanitarie di Paesi svantaggiati ma con un livello sanitario già in grado di mettere in pratica i benefici della diagnostica istologica e citologica; ci sono laboratori che abbiamo appena fatto in tempo a terminare di allestire che attendono di essere avviati, piani didattici per il personale locale che sono stati interrotti o non sono partiti, sistemi di telepatologia che attendevano di essere installati o collaudati, e così via. Non pensiamo che un vostro eventuale contributo sia sprecato o sottratto al finanziamento di interventi sanitari in questo momento più utili: pensiamo invece che sia una risorsa necessario a permettere la continuazione di qualcosa che merita comunque di essere realizzato una volta che sarà possibile riprendere le nostre attività all’estero. Anche l’anatomia patologica, in questi assurdi tempi, ha continuato ad operare per permettere il completamento del percorso diagnostico di tanti pazienti, in particolar modo di quelli oncologici, affinché gli effetti di un’epidemia da gestire non facesse sentire i suoi effetti anche su malati che, per quanto non colpiti dal virus, avevano comunque la necessità di essere curati, e spesso in tempi relativamente rapidi. Concedeteci ancora di portare il nostro contributo per offrire questa possibilità a chi, virus o non virus, ancora non l’ha avuta. Il punto di... Paolo Giovenali#restateACasa, #iorestoacasa... Questi sono i messaggi che stiamo ascoltando e condividendo in questi giorni; cosa può esserci di peggio per chi come noi di APOF, ha come missione la cooperazione internazionale e quindi vive anche di viaggi? Siamo bloccati, il nostro lavoro è fermo, siamo preoccupati per il futuro: al Consolata Hospital di Ikonda (Tanzania) ci sono attrezzature per un laboratorio completo, spedite due mesi fa, che attendono di essere installate; ad Hargeisa (Somaliland) il laboratorio è già funzionante, ma non ci sono patologi locali e sono tutti in attesa dell'installazione di una stazione di telepatologia per cominciare a lavorare. E' già tutto pronto, ma non possiamo andare. Sono solo due esempi, ma ce ne sarebbero molti altri. Insomma, siamo in un limbo di incertezza dal quale non sappiamo quando potremo uscire e soprattutto in quali condizioni; il tutto accompagnato da un piccolo senso di colpa, visto che altre ONG si stanno occupando della emergenza Covid in Italia... Ma non è il nostro lavoro! Giorni fa ho ricevuto alcuni messaggi WhatsApp da una amico di Mwanza, dove abbiamo lavorato molti anni, e da una collega patologa palestinese con la quale abbiamo condiviso anni di ottimo lavoro all'ospedale di Betlemme, eccoli: Strano... In condizioni normali dovremmo essere noi a preoccuparci per loro! Questo virus ci sta facendo capire che noi non siamo i "benefattori" infallibili e invulnerabili, ma siamo semplicemente medici, biologi e tecnici che lavorano insieme a colleghi che riteniamo meno fortunati di noi. Ma attenzione: i ruoli si possono invertire facilmente e rapidamente! Potrà sembrare paradossale, ma è la consapevolezza della nostra debolezza che può accrescere la fiducia nella cooperazione, proprio perché dimostra che l'efficacia delle azioni non dipende solo da noi, ma da volontà reciproche, spesso e fortunatamente imperniate sulla amicizia. Io sono sicuro che, con il sostegno dei nostri amici e colleghi dei paesi lontani, riusciremo a continuare a lavorare insieme. In ultimo, un augurio per tutti noi: stiamo in ospedale, stiamo a casa, ma stiamo bene! Paolo Giovenali Presidente APOF ONG NEWS sul progetto CORNO D'AFRICAContinua, anche in questo periodo di “lock down” planetario, il progetto di APOF nel Corno d’Africa, anche grazie alle risorse messe a disposizione dall' 8X1000 della Chiesa Valdese, dalla SIAPEC e dal Rotary. "Il Corno d'Africa è una penisola di forma triangolare posta sul lato orientale del continente africano, protendendosi, a forma di corno, nell'oceano Indiano e nel golfo di Aden comprendendo Eritrea, Etiopia, Somalia e Gibuti. È una regione estremamente complessa, in cui strati di potenziali problemi sono accatastati uno sopra l'altro. Non solo gran parte dell'ambiente naturale del Corno è estremamente proibitivo, ma enormi differenze nella sua dotazione ambientale - che vanno dalle terre dell'altopiano dell'Etiopia settentrionale alla macchia somala - creano tipi di società molto diversi, alcuni pastori e alcuni basati sull'agricoltura, con valori e stili di vita drammaticamente contrastanti. La regione è al confine tra due delle principali religioni del mondo, l'Islam e il cristianesimo, e comprende una vasta gamma di gruppi etnici, lingue e culture." Negli ospedali di riferimento (Ospedale di Balbalà e Ospedale Militare a Gibuti, e Hargeisa Group Hospital ad Hargeisa) l’attività ospedaliera, con le sale operatorie, i servizi di gastroscopia, i ricoveri per patologie tumorali e non solo, naturalmente non si ferma. Il nostro impegno ora è rivolto all’attività diagnostica in telepatologia e al perfezionamento delle procedure tecniche e organizzative dei laboratori. Mentre nell’Ospedale di Balbalà l’arrivo di un altro patologo da Cuba ha reso pienamente autonomo il servizio, e la telepatologia ha funzione di consulenza “on demand”, diverso è il nostro approccio nell’Ospedale Militare: attualmente nel laboratorio operano due tecnici formati da noi lo scorso anno, che allestiscono i vetrini da scansionare con il microscopio digitale (Microvisioneer). Siamo ancora in una fase di “rodaggio”: tramite whatsapp, con testi, foto e video continua il sistematico miglioramento della qualità dei vetrini. La trasmissione dei dati in telepatologia è molto efficiente, grazie alla piattaforma digitale abbiamo già diagnosticato circa 70 casi, con un tempo di risposta medio di sei giorni. Tra non molto, finita la fase di miglioramento organizzativo e tecnico, verrà costituito un team di colleghi disponibili a contribuire, periodicamente, alla diagnostica in telepatologia o, quando sarà possibile, con missioni in loco. Già fin d’ora chi vuole può scrivere alla segreteria per mettersi a disposizione. Un approfondimento: storia e antropologia del CORNO d’AFRICA e di GIBUTIQuesto piccolo Paese (poco più di 23 mila km² e con meno di un milione di abitanti) è uno dei luoghi più ambiti al mondo. Il suo porto è posto all’ingresso del Mar Rosso e del Canale di Suez, su una delle rotte marittime più trafficate del mondo, di fondamentale importanza per la salute dell’economia mondiale visto che 20 mila navi, vi passano attraverso ogni anno. Da qui l’interesse militare di paesi come Stati Uniti, Francia, Giappone, Arabia Saudita e da ultima la Cina che vi ha insediato la sua prima base militare oltremare. Anticamente, dopo essersi liberata dal leggendario dominio della regina di Saba, questa regione vide lo sviluppo di regni molto prosperi, primo fra i quali la vasta Etiopia. A cavallo fra Ottocento e Novecento le zone costiere del Corno d'Africa vennero occupate dalle potenze europee. Dopo il termine delle dominazioni straniere questi Stati hanno dovuto fare i conti con un'economia a pezzi. L'Etiopia è stata dilaniata da una lunga guerra civile, mentre la Somalia ha subito una evoluzione filoislamica. La recente secessione del 1993, dopo la quale l'Eritrea si è divisa politicamente dall'Etiopia, ha lasciato quest'ultima senza sbocchi sul mare, e quindi con problemi di sviluppo, in parte risolti da accordi politici e commerciali con Gibuti. Nel 2011 l'intero Corno d'Africa è stato colpito da una terribile carestia, la peggiore degli ultimi sessant’anni. Questi Stati hanno subito rivoluzioni e guerre civili, dovute ai continui movimenti secessionisti delle varie tribù locali, fenomeno che si manifesta in tutta l'Africa, essendo gli attuali confini delle varie nazioni rispondenti ai regimi europei e non alla reale distribuzione etnica. In particolare a Gibuti convivono due popolazioni profondamente diverse, gli Afar prevalentemente a nord, gli Issa a sud. Il popolo Issa e quello Afar sono composti da pastori appartenenti alla categoria linguistica meridionale del Cushitic nel Corno d'Africa. Vivono nell'arido deserto e nei territori semi-aridi dell'Afar e del Corno somalo. Il popolo Issa è una delle nove confederazioni di clan somali che vivono in Etiopia, Gibuti e Somaliland. Gli Afar sono una distinta categoria etnica in Etiopia, Eritrea e Gibuti. Gli Issa e gli Afar, oltre a vivere di pastorizia, hanno svariati punti in commune: un'organizzazione sociale egualitaria basata sul clan, un lignaggio patrilineare e un sistema matrimoniale endogamo, religione (musulmani sunniti), sistemi di trasformazione legale, politica e di conflitto consuetudinario, valori linguistici e socio-culturali. Nonostante queste somiglianze, Issa e Afar hanno una lunga storia di conflitti che risale al primo quarto del XVI secolo. Dopo la seconda guerra mondiale sotto l'imperatore Haile Selassie I, il conflitto Issa-Afar si ampliò per l'accesso e il controllo delle risorse, da un lato, e per il conflitto politico con lo stato dall'altro. Negli anni '70 la lotta armata secessionista dell'Eritrea e la guerra Etiopia-Somalia scatenarono la violenza Issa-Afar. Nel periodo successive al 1991, episodi di conflitto violento hanno provocato il radicarsi di esperienze soggettive di paura, animosità, perdita, trauma e vittimismo. Tale conflitto è paragonabile a quello israeliano-palestinese, in cui si inserisce l’idea di una “predisposizione divina” in una situazione in cui gli umani sembra non abbiano più alcun mezzo per cambiare. Dunque la memoria di violenza, e la sua perpetuazione nel presente, sono divenute distanti dalle questioni sostanziali e originarie del territorio, del dominio e dei bisogni primari immediati di acqua e pascolo per il loro bestiame. Per approfondire gli aspetti antropologici, molto interessanti, delle popolazioni che abitano l’area geografica in cui operiamo abbiamo scelto tre articoli: https://repository.up.ac.za/bitstream/handle/2263/70597/Alemu_Critical_2018.pdf?sequence=1&is Allowed=y https://www.researchgate.net/publication/319206862_Anatomy_of_Issa-Afar_Violence https://academicjournals.org/journal/IJSA/article-full-text/CB045F552521 Nella prossima NEWSLETTER ci sarà uno spazio dedicato ai casi clinici, se volete contribuire inviateci una mail.
Serata benefica a sostegno dei progetti APOFSiamo molto felici di invitarvi Venerdì 31 Maggio alle ore 21 allo spettacolo teatrale “ RITORNO AL CASTELLO” organizzato dall’associazione “Artinmovimento” presso la Sala Raffaello a Roma.
CALL FOR THE SYMPOSIUM OF THE WORKING GROUP “PATHOLOGY IN FAVOUR OF DEVELOPING COUNTRIES” OF THE EUROPEAN SOCIETY OF PATHOLOGY: |
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Novembre 2020
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